Abbiamo chiesto alla nostra atleta Guendalina Sibona come si allena durante la quarantena…
Oltre a raccontarcelo in questo articolo ha creato un divertente video… buona visione
Allenarsi durante la quarantena, senza superare i 200 metri dalla soglia di casa, non è stato facile. Sono tra i fortunati che hanno avuto questo come grattacapo principale, in una personalissima e opinabilissima lista di priorità in cui il divertimento viene prima dello stipendio. Oggi, attendo ancora con ansia la cassa integrazione, ma, intanto, vivo di nuovo all’aria aperta. Sono felice e i conti li farò più avanti.
Ogni sportivo, nel proprio spazio domestico, in questi mesi di fermo, ha dovuto inventarsi qualcosa per muovere le gambe. Chi sta in città ha potuto cimentarsi con le scale. Ho un amico che abita in un palazzone milanese e, ogni giorno di lockdown, ha fatto 17 volte i 12 piani del condominio. Sono 204 in totale con un dislivello di 640 metri. Un altro correva nel garage. Qualcuno sul marciapiede: avanti e indietro dal portone.
Per fortuna non siamo professionisti, corriamo e facciamo sport per passione. L’essenziale era non perdere completamente la forma raggiunta o, al via, saremmo sicuramente inciampati nella prima radice, l’umore, al ritmo dell’affanno, sarebbe scivolato sotto le suole, il corpo non avrebbe seguito la testa.
Invece nei trail, e soprattutto negli ultra trail, è la testa che comanda. Il corpo deve stare al passo.
Tanto valeva, dunque, allenare la crapa.
Vivo tra Milano e casa del mio compagno, nella campagna brianzola. Ero da lui il 9 marzo, quando si è fermato tutto, e lì sono rimasta, dopo aver rapidamente soppesato la scelta tra i miei 30 mq cittadini e una casa con uno spazio esterno.
Un cortile e non solo, avevo considerato, osservando la costruzione sopra la rimessa… C’era anche la casa di famiglia, ormai inutilizzata da anni e, anzi, diroccata, che, in quel momento, diventava un territorio dalle svariate possibilità! Quando ho iniziato a fantasticare, avevo già indossato i pantaloncini e le scarpe da running.
Quarantena Trail: se devo farlo, meglio farlo bene!
Ed eccomi al via, sulla linea di partenza. Come mi mancano i miei amici della domenica mattina! Sono determinata, però, nonostante non abbia nemmeno la musica nelle orecchie, perché l’i-pod sta facendo la quarantena a Milano.
Scatto a tutta con le gambe anchilosate dalle sette ore no stop trascorse seduta davanti al pc. Il cane non se l’aspettava: si alza di scatto, ma non è certo di dovermi seguire. Nel dubbio si risiede. Complice la discesa di 3 metri di dislivello, imbocco senza fatica la porta della rimessa. Con ampie falcate guadagno il fondo dello stanzone e faccio la curva a “U” tra gli attrezzi per il prato. Il passaggio è angusto e devo stare concentrata per non scartavetrarmi gli stinchi mentre sfreccio.
Attraverso di nuovo la porta e sono pronta ad affrontare l’ascesa.
6 metri di dislivello.
E dico 6.
Tutti da correre, nonostante la pendenza che s’inarca su un percorso di 50 metri fino al cancello. Anche il cane non può resistere alla lunga sgambata che si profila all’orizzonte e si lancia al mio inseguimento. In cima alla salita, non ho tempo per godere del panorama. É un passo a cui sono giunta così tante volte, che potrei descrivere nei minimi dettagli il campo incolto che si apre oltre la strada e che occupa tutto il campo visivo. Una distesa di fili d’erba verdi.
Magnifico!
Io, però, con l’agonismo che pulsa nelle vene, non voglio mica farmi superare dal cane e svolto nell’unico tratto boscoso del percorso. Altro che sentiero dei faggi! Dieci metri di erbetta fresca su cui si ergono: un cespuglio di modeste dimensioni di fiori di pesco, un pino vecchiotto, una magnolia potata di recente. Era uno splendore, quella magnolia! Ora è un tronco con tre rami monchi. Ma ricrescerà e sarà più bella di prima. Speriamo, però, di non essere costretti a correrle ancora intorno quando sarà così bella.
Non c’è tempo d’indugiare sul ciclo della natura, perché la prossima curva a gomito è davvero incazzata. Il percorso mi costringe a passare sotto l’ingresso della casa diroccata che, abbandonata a se stessa, richiama graziosi uccellini nel sottotetto e una striscia di scagazzate mi ricorda l’importanza della fauna nell’ecosistema. Torno indietro per quegli stessi dieci metri da cui sono giunta, ma, questa volta, corro sul lastricato e, quindi, accelero, sperando di seminare il cane.
Ma dov’è finito?
Non faccio in tempo a guardarmi intorno, che me lo ritrovo, lingua di fuori, davanti. Scansati cane, che in discesa non mi puoi battere! Tutta d’un fiato quella discesa di 40 metri… E centro l’ingresso nello scantinato. Evito il rastrello, la vanga e la pila di vasi vuoti e sono all’attacco del vertical. Questa salita è sempre stata qui e non me ne sono mai resa conto. Sono le due rampe che portano nella casa diroccata. Nessuno le ha più percorse negli ultimi vent’anni. Me lo conferma lo strato di polvere solidificata che ricopre interamente i gradini di marmo. Senza neppure fermarmi a bere qualcosa, inizio la salita.
Uno, due, tre, quattro: il grip delle mie suole sembra troppo liscio per contrastare la patina sdrucciolevole che quegli anni d’inutilizzo hanno aggiunto al già infido marmo.
Diciassette gradini e sono al primo piano. Ma non mi fermo.
Diciotto, diciannove, venti… E non mi pare nemmeno di avere problemi con la quota!
Fantastico!
Trentacinque gradini e sono al secondo piano. Ora posso tirare il fiato sulla discesa. Giù a tutta da dove sono arrivata. Sull’ultimo gradino ritrovo il cane che mi guarda storto. Sventolo la mano: saluto sempre chi fa il tifo!
E poi mi volto e… torno su.
Trentacinque gradini da 18 centimetri sono 6,3 metri. Moltiplicati per due volte fa 12,6 metri! Tiro il fiato, sento i morsi della fame, ma li ignoro e scendo di nuovo. Scavalco il cane, corro in tondo per lo scantinato ed esco. Attacco il giro della morte che mi fa fare un curvone di nuovo sulla salita. Finisco la ruota e mi appresto al rettilineo finale di ben 10 metri verso casa.
Neanche il tempo di pensarci e mi ritrovo al punto di partenza.
0,25 chilometri totali per 20 metri di dislivello positivo.
Il cane scuote la testa.
Mi mancano solo 39 giri per i 10 chilometri.
E vedrai tra qualche giorno, cane, quando proverò con la mezza!
Non si scherza nulla qui.
Qui si allena la testa.
by Guendalina Sibona